Antonio Servillo

CHI SONO


Autodidatta. “Trasferitosi a Roma nel 1984, ha qui occasione di conoscere artisti affermati, come Novella Parigini, Mario Schifano, Gianni Testa, Stefano Turchetti, ma ciò rientra nella sua esperienza di vita, non di pittore: lui non deve niente a nessuno ed il suo può senz’altro considerarsi un genio ed un estro artistico unico.”

Paola Tota

” …tra le tenebre che attanagliano la mente spicchi di colore e linee evanescenti proiettano all’infinito un possibile divenire delle nostre anime. L’opera appare, forma autentica, pulsione di vita… “


Antonio Servillo nasce a Padova, da famiglia napoletana, il 12 novembre 1964. E fin qui, il dato anagrafico non può che dirci quanto sia giovane e quanto ami la pittura se, in così pochi anni, è riuscito a mettere a punto una tecnica così definita ed efficace.

La prima volta che, per un caso fortuito, fui invitata ad una sua mostra, pensai si trattasse del solito, ennesimo pittore dilettante alla ricerca di notorietà e di appoggi prestigiosi ; ma la certezza immediata che la mia era una prevenzione assurda mi balenò davanti, assieme ai suoi quadri.
Si rimane colpiti e sorpresi soprattutto da una tecnica curata e precisa nei più minimi particolari, quasi maniacale, come lui stesso mi ha confermato, dicendomi che non ritiene compiuto e completo un dipinto, se non dopo averlo tenuto sotto gli occhi fino alla nausea, per ritoccarlo, per ripensarlo, per sentirlo più intimamente suo o anche, semplicemente, per osservarlo obiettivamente.

E’ un ragazzo schivo e, come per caso, butta lì che è un autodidatta, suscitando sempre un’ enorme meraviglia in chi l’ascolta. Pungolato nell’amor proprio, racconta episodi della sua infanzia nel paesino campano dove ha vissuto con la famiglia d’origine : la storia delle scagliette di gesso rubate ai “madonnari” che capitavano dalle sue parti, per emularli nella loro arte, la storia della fiammante e tanto ambita bicicletta vinta ad un concorso di disegno, ma mai ritirata per paura che il padre scoprisse il tardo rientro a casa.
Racconta con semplicità, con umiltà, quasi a giustificazione di quanto riesce, prima, a concepire e, poi, a rendere così efficacemente vivo sulla tela.

Lui stesso definisce la sua pittura surrealista, metafisica, iperrealista, ma chi ha occasione di osservarla può rendersi conto che essa è frutto originalissimo di tutto ciò che egli ritrova dentro di sé, del gusto mai perduto per quei disegni astrusi tracciati diligentemente e meticolosamente durante le noiose ore di lezione scolastica, dell’istinto caparbio ed orgoglioso di affermare una propria, autentica identità di artista.
Trasferitosi a Roma nel 1984, ha qui occasione di conoscere artisti affermati, come Novella Parigini, Mario Schifano, Gianni Testa, Stefano Turchetti, ma ciò rientra nella sua esperienza di vita, non di pittore: lui non deve niente a nessuno ed il suo può senz’altro considerarsi un genio ed un estro artistico unico.

Paola Tota



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